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Simone Tetti, operatore comunita per minori. Psicologo e sessuologo clinico

UNO PSICOLOGO IN CASA FAMIGLIA

Mi presento

Sono Simone, psicologo e sessuologo clinico, psicoterapeuta in formazione e non di meno, operatore sociale in una casa famiglia. Quando entrai a far parte di Girotondo, ebbi modo di sperimentarmi in più contesti, come quello scolastico e domiciliare, dove ho avuto la possibilità di seguire minori in difficoltà. Qui mi concentrerò sulla mia esperienza come psicologo all'interno delle strutture di residenza per minori: “Ma che cos'è una casa famiglia?”.La prima volta che varcai la soglia di una struttura, ebbi subito la sensazione di entrare in uno spazio privato, un luogo dove si entra in punta di piedi. Era una casa famiglia per adolescenti e mi accorsi subito della mia propensione naturale, ad entrare in contatto diretto con loro. Forse perché quel periodo di vita lo ricordo bene sulla mia pelle: fu il momento più critico della mia vita, un periodo in cui lasciai la mia comfort zone per esplorare il mondo, senza la supervisione costante dei miei genitori. Che dire, poveri mamma e papà quante gliene feci passare!


Adolescenza e casa famiglia: emozioni e confini

Ma veniamo al punto, cosa c'entra la mia adolescenza con la mia prima esperienza in casa famiglia? La prima volta che ci si imbatte con degli adolescenti veniamo inevitabilmente a contatto con parti interne a noi, relative a quel periodo di vita. Molto spesso si sperimentano quelle sensazioni ed emozioni che si provavano quando, usciti dal guscio familiare, abbiamo dovuto confrontarci con situazioni esterne, spesso non facili da affrontare. Da quei vissuti possono emergere emozioni disparate, come la paura, l'ansia, l'angoscia; ma anche emozioni come la gioia e la felicità, che si sperimentano durante i primi innamoramenti o le prime amicizie. Ricordo che il mio problema nel rapportarmi con degli adolescenti fu quello relativo ai confini: chi ero io per poter dare dei confini? Mi sentivo l'adulto in grado di farlo?

Grazie al lavoro terapeutico fatto su me stesso e soprattutto all'esperienza maturata, oggi posso dire che per questa fascia di età, saper dare dei limiti è fondamentale, perché è lo stesso adolescente che li richiede. Anche se le loro modalità sono spesso di natura conflittuale, gli adolescenti necessitano dell'adulto in grado di poter dare loro dei limiti, nei quali sperimentare la loro crescita.


Rabbia, “no” e vicinanza

Con la tematica della conflittualità veniamo in contatto con un altro aspetto su cui ho dovuto lavorare molto, cioè la gestione della rabbia, al quale è molto collegato il tema dei confini. Dire un “no” è una presa di posizione e, quando non si è in contatto con la propria rabbia, rischiamo di averne paura o di caricarlo eccessivamente. Evitare di dire dei “no”, per quanto apparentemente possa sembrare utile a sviluppare un buon rapporto con gli adolescenti, in realtà causa loro dei problemi nella costruzione della personalità perché, come abbiamo detto, gli adolescenti sono individui in fase di crescita che necessitano dell'adulto per farlo. In fondo un “no” può essere un atto d' amore verso l'adolescente, in quanto l'adulto che se ne prende cura va oltre il conflitto presente, proiettando la sua azione in una visione futura del bene che quel limite potrà garantirgli. C'è da aggiungere che non bastano i “no” per poter stare affianco a ragazzi e ragazze, bisogna sviluppare interesse, ascolto, confronto, dialogo e dedizione. È importante non erigere quelle barriere che spesso si creano tra adulti e ragazzi, come ad esempio rifiutarsi di ascoltare la loro musica, le loro letture, i loro scritti oppure non guardare con loro film, perché a noi non piacciono. In realtà sono questi i momenti che ci permettono di capire cosa passa nella loro testa o che personalità hanno.


Il mio termometro e l’importanza della relazione

Che dire dei bambini? Dopo l'esperienza nella casa famiglia per adolescenti ho iniziato a lavorare in una struttura dove gli ospiti sono sia bambini che preadolescenti. Anche per i bambini vale quanto scritto per gli adolescenti. Lavorare con loro significa fare i conti con la propria infanzia e la struttura della propria personalità. La prima cosa che collego ai bambini è la spontaneità. Dopo anni che lavoro con loro posso dire che la genuinità è l'arma vincente, per entrare in sintonia.

Rappresentano da sempre il mio termometro: è attraverso loro che spesso mi rendo conto di come sto, in quanto sono degli abilissimi osservatori. I bambini ci permettono di entrare in contatto con il nostro io bambino, cioè quella parte di noi che molto spesso dimentichiamo, ma che fondamentalmente ci appartiene, perché in fondo anche noi siamo stati bambini! È importante nel lavoro con questa fascia di età, mantenere un proprio equilibrio mentale e cercare di focalizzarsi su di loro, anziché sui bisogni inconsapevoli legati alla nostra infanzia. Conta molto il gioco, sapersi divertire, togliersi di dosso la maschera che portiamo nella vita di tutti i giorni e sperimentare l'autenticità. Anche in questa fascia di età è importante il tema dei confini, perché - come gli adolescenti - sono individui in fase di sviluppo. Però a differenza dei ragazzi, che sperimentano in maniera importante la propria indipendenza, i bambini sono strettamente dipendenti agli adulti, che se ne prendono cura. Proprio questa dipendenza deve far riflettere l'adulto sul ruolo importante che riveste, nella sana evoluzione della psiche del bambino. Una relazione sana è tale, se gli individui coinvolti legati da un sentimento di affetto, sono consapevoli delle rispettive differenze e le valorizzano: il bambino è un individuo a tutti gli effetti! Un adulto ansioso che non lascia mai giocare un bambino per paura che possa farsi del male, sta alimentando una propria paura a danno della crescita sana del bambino. Quel bambino potrà sviluppare ansia disfunzionale, nell'affrontare nuove sfide, e ciò potrà condizionargli l'intera vita.


Ma cosa fa uno psicologo all'interno di una casa famiglia?

Innanzitutto ci mette amore. Senza questo sentimento, a prescindere da titoli e formazione, non si va da nessuna parte. Quello che consiglio sempre, ai nuovi colleghi, è di investire nella relazione e nella costruzione di un rapporto autentico e affettivo con i minori. La propria formazione è utile, dopo questo passaggio importantissimo. Un po' di tempo fa, una collega mi ha detto che le è capitato di sentire alcuni psicologi asserire che “non c'è nulla di psicologico nel lavoro in casa famiglia”. Posso dire che potrebbero essere scritti interi trattati a riguardo! Dal canto mio, se penso a tutte le storie che ho vissuto in casa famiglia, non credo che riuscirei mai a scrivere un trattato in merito, ma un romanzo sì, perché è impossibile raccontarle senza metterci il cuore. Per concludere voglio fare un ringraziamento speciale a tutti i minori che ho conosciuto e continuo a incontrare, in questa mia bellissima esperienza di vita. Sono loro i miei eroi che, nonostante le brutte storie, sono sempre lì, pronti ad accogliermi con un sorriso e un abbraccio. Grazie di cuore, davvero.

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